La guerra civile in Sudan, iniziata ad aprile 2023, è stata definita dall’inviato per l’Africa degli Stati Uniti come “la più grande crisi umanitaria del mondo”. Il conflitto oppone l’esercito regolare sudanese alle Forze di Supporto Rapido (RSF), un gruppo paramilitare di matrice jihadista. Negli ultimi giorni, la situazione è ulteriormente deteriorata, con la caduta di Al Fashir, capitale del Darfur, nelle mani dei paramilitari. Le atrocità, tra cui omicidi di massa e stupri, hanno causato oltre 150.000 morti e quasi 12 milioni di sfollati.
L’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani ha denunciato la gravità della situazione, affermando che le atrocità erano prevedibili e prevenibili. In risposta, l’Unione Europea ha imposto sanzioni per la prima volta contro Abdelrahim Hamdan Dagalo, numero due delle RSF, per fare pressione su chi commette violenze nel Paese.
Negli Stati Uniti, il presidente ha annunciato l’intenzione di lavorare per una soluzione al conflitto, mentre in Italia la questione è stata discussa durante un Consiglio Superiore di Difesa. Il Consiglio sovrano sudanese ha espresso gratitudine per gli sforzi internazionali, ma ha confermato la volontà di continuare la guerra.
La Corte penale internazionale sta monitorando la situazione, considerando che gli atti commessi potrebbero configurarsi come crimini di guerra. La crisi è aggravata dalla mancanza di accesso umanitario, con operatori costretti a scegliere chi salvare. Le RSF hanno preso in ostaggio migliaia di civili, trasformando Al Fashir in una prigione a cielo aperto. Testimonianze di rifugiati descrivono una situazione drammatica, con attacchi indiscriminati e violenze sistematiche contro la popolazione.

