La corte di appello di Firenze ha confermato la condanna di cinque poliziotti coinvolti nel rimpatrio di Alma Shalabayeva, moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov, espulsa nel 2013 insieme alla figlia Alua. La sentenza di primo grado emessa a Perugia, che prevedeva pene tra 4 e 5 anni per sequestro di persona, è stata mantenuta, ma l’interdizione dai pubblici uffici è stata ridotta da perpetua a 5 anni.

L’accusa riguardava irregolarità nelle procedure di espulsione. Il procuratore generale di Firenze aveva chiesto l’assoluzione, mentre la parte civile ha richiesto la condanna e un risarcimento. Il processo ha avuto inizio nel 2014 a Perugia, dove i cinque funzionari di polizia furono inizialmente condannati. Tuttavia, in appello furono assolti, ma la Cassazione annullò tale assoluzione, portando a un nuovo processo.

La Corte d’Appello di Firenze ha descritto l’operazione come una violazione dei diritti umani e un sequestro di persona, evidenziando la collaborazione con le autorità kazake per la cattura del marito dissidente. Alma e la figlia sono riuscite a tornare in Italia, dove nel 2014 le è stato riconosciuto l’asilo politico.

Domenico Pianese, segretario del sindacato di polizia Coisp, ha commentato la sentenza, sottolineando che condannare i poliziotti senza considerare il contesto operativo in cui hanno agito rappresenta una ferita per la Polizia di Stato. Pianese ha difeso l’operato degli agenti, affermando che hanno agito nel rispetto delle procedure in un contesto complesso e ha criticato la superficialità della sentenza.

WhatsApp Facebook Messenger Copia link Telegram X.com LinkedIn Pinterest Email