A quasi cinquant’anni dall’omicidio di Piersanti Mattarella, la Procura di Palermo ha arrestato un ex poliziotto, Filippo Piritore, accusato di depistaggio. Piritore, che all’epoca dei fatti era un funzionario della Squadra Mobile, è accusato di aver fornito false dichiarazioni e di aver omesso informazioni cruciali riguardo a un guanto lasciato dal killer sull’auto utilizzata per l’agguato. Questo guanto, descritto come l’unico elemento utile per identificare i criminali, è misteriosamente scomparso.
Il ministro dell’Interno dell’epoca, Virginio Rognoni, aveva sottolineato l’importanza di questo reperto. Secondo Piritore, il guanto sarebbe stato affidato a un agente della polizia scientifica, Giuseppe Di Natale, per essere consegnato al magistrato antimafia Pietro Grasso, ma la traccia si interrompe con un altro agente, di cui non si conosce l’identità. Di Natale ha negato di aver mai conosciuto Piritore, mentre Grasso ha smentito di aver ordinato alcunché riguardo al guanto.
Vincenzo Musacchio, criminologo e docente, ha evidenziato come l’omicidio di Mattarella possa essere legato a interessi politici e mafiosi, sottolineando il forte legame tra Mattarella e Aldo Moro. Quest’ultimo, assassinato nel 1978, aveva avviato una lotta contro la mafia, e Mattarella era visto come il suo erede politico. Musacchio ritiene che l’assassinio di Mattarella possa essere stato motivato dalla sua determinazione a combattere la criminalità organizzata e a costruire una nuova visione politica in Sicilia.
Secondo Musacchio, il guanto scomparso avrebbe potuto fornire prove fondamentali per chiarire le dinamiche dell’omicidio, che continua a rimanere avvolto nel mistero. La sua analisi suggerisce che l’omicidio non solo ha segnato la storia siciliana, ma ha avuto ripercussioni significative anche a livello nazionale.

