Il contenzioso tra Lagfin e Campari si inserisce in un contesto più ampio di dispute fiscali in Italia, legate al trasferimento della residenza fiscale di grandi holding e all’omesso pagamento della cosiddetta exit tax. Negli ultimi anni, le autorità fiscali italiane, tra cui la Guardia di Finanza e l’Agenzia delle Entrate, hanno esaminato attentamente le operazioni di delocalizzazione delle società di controllo di importanti gruppi nazionali, con accordi transattivi che hanno superato il miliardo di euro.
Un caso emblematico è quello di Exor, la holding della famiglia Agnelli-Elkann, che ha trasferito la propria residenza fiscale nei Paesi Bassi nel 2016. L’Agenzia delle Entrate ha contestato che, nonostante il cambio di sede, la direzione effettiva di Exor fosse rimasta in Italia, rendendo il gruppo soggetto al pagamento delle imposte sulle plusvalenze latenti. Il lungo contenzioso si è concluso nel 2023 con un accordo che ha visto Exor versare circa 746 milioni di euro per risolvere le pendenze fiscali.
Un altro caso significativo è quello di Luxottica, che ha affrontato un’indagine sulle riorganizzazioni internazionali e sul transfer pricing tra il 2010 e il 2015. L’Autorità fiscale ha contestato il trasferimento formale di funzioni gestionali in Lussemburgo, sostenendo che la direzione economica fosse rimasta in Italia, permettendo così al gruppo di ridurre le imposte sui profitti. Per chiudere la vertenza, Luxottica ha raggiunto un accordo con l’Agenzia delle Entrate, versando circa 190 milioni di euro.
Questi casi evidenziano l’impegno delle autorità fiscali italiane nel monitorare le holding che scelgono la delocalizzazione, con particolare attenzione alla sostanza economica del trasferimento rispetto alla forma societaria adottata.

