Nel testo della legge di Bilancio 2026 sono stati introdotti articoli che definiscono i Livelli essenziali di prestazioni (Lep) in alcuni ambiti socio-assistenziali, ma non in tutti. Il provvedimento, attualmente in discussione al Parlamento, prevede che le risorse necessarie per il finanziamento dei Lep siano stabilite tramite un decreto del presidente del Consiglio dei ministri, piuttosto che con una legge dello Stato.
Le opposizioni hanno chiesto di stralciare queste norme, ma la richiesta non è stata accolta. Durante un’audizione presso le commissioni Bilancio di Camera e Senato, l’associazione Svimez ha criticato l’inserimento dei Lep nella legge di Bilancio, evidenziando che tale approccio potrebbe cristallizzare la spesa storica e i divari di cittadinanza. Secondo Svimez, la manovra non presenta un piano organico per l’attuazione del federalismo fiscale regionale, un obiettivo previsto dal PNRR da completare entro aprile 2026.
Definire i livelli essenziali delle prestazioni sociali senza nuovi criteri di riparto delle risorse perpetuerebbe le disuguaglianze territoriali tra Nord e Sud. Le opposizioni considerano l’inserimento dei Lep nella manovra un tentativo per aggirare la sentenza della Corte costituzionale, che aveva sottolineato il ruolo centrale del Parlamento nella definizione dei Lep e nelle intese tra Stato e Regioni.
Il testo originario del disegno di legge Calderoli, relativo all’autonomia differenziata, era stato bocciato dalla Corte per aver conferito al governo una “delega in bianco”. Dopo la sentenza, il ministro per gli Affari regionali ha dovuto rivedere il ddl, che è stato presentato in Commissione al Senato solo il mese scorso. Con la legge di Bilancio, la Lega mira a definire i livelli di assistenza attraverso un atto amministrativo, evitando il passaggio parlamentare e senza nuovi stanziamenti. Il presidente del Consiglio ha già promesso che il disegno di legge Calderoli sarà affrontato dopo l’approvazione della manovra.
