La tregua tra Cambogia e Thailandia, mediata dalla Casa Bianca, è in crisi a causa di nuovi scontri lungo il confine di 800 chilometri. Gli scontri, che hanno causato almeno dieci morti tra soldati e civili, rappresentano l’escalation più grave da luglio, quando si erano registrati combattimenti che avevano portato a un armistizio.

Le conseguenze umanitarie sono pesanti: oltre 21.000 persone sono state sfollate in Cambogia, mentre Bangkok riporta più di 400.000 civili in fuga, accampati in rifugi di fortuna. La tregua, siglata a ottobre, prevedeva la riduzione delle truppe e l’invio di osservatori, ma era già in bilico dopo che la Thailandia aveva accusato la Cambogia di piazzare nuove mine.

La violenza ha coinvolto cinque province e le due nazioni si accusano reciprocamente di aver riaperto le ostilità. Il premier cambogiano Hun Sen ha dichiarato che il suo paese ha reagito a provocazioni thailandesi. Il bilancio delle vittime continua a salire, con l’esercito thailandese che lamenta la morte di tre soldati e la Cambogia che denuncia la morte di sette civili.

La comunità internazionale ha chiesto un immediato cessate il fuoco. Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha esortato entrambe le parti a esercitare moderazione, mentre il segretario di Stato americano Marco Rubio ha chiesto la cessazione delle ostilità. Tuttavia, le posizioni rimangono rigide, con il primo ministro thailandese che afferma la necessità di difendere la sovranità del paese. La tregua, che sembrava un successo diplomatico, appare ora compromessa.

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