La delibera del Cnel riguardante l’aumento degli stipendi dei vertici, incluso quello del presidente Renato Brunetta, è stata approvata e poi revocata in seguito a forti polemiche. L’aumento previsto avrebbe portato il compenso di Brunetta da 240 a 310 mila euro, reso possibile dalla recente sentenza della Corte Costituzionale che ha abolito il tetto per i dirigenti pubblici.

La decisione ha suscitato l’irritazione della premier Giorgia Meloni, che ha definito l’iniziativa “non condivisibile” e “inopportuna”. In risposta, Brunetta ha annunciato la revoca immediata della delibera, sottolineando la sua volontà di evitare strumentalizzazioni che potessero danneggiare la credibilità dell’istituzione e influenzare negativamente l’azione del Governo.

Le opposizioni hanno reagito con veemenza, definendo l’aumento uno “schiaffo in faccia” a milioni di lavoratori. Il Partito Democratico ha chiesto conto alla premier, mentre il Movimento 5 Stelle ha presentato un’interrogazione parlamentare. Matteo Renzi, leader di Italia Viva, ha criticato la gestione del Cnel, mentre Giuseppe Conte ha evidenziato il contrasto tra l’aumento dei vertici e la mancanza di un salario minimo.

Anche la Lega ha annunciato un’interrogazione, ma la revoca della delibera ha reso l’iniziativa superflua. Angelo Bonelli di Avs ha suggerito che la premier dovrebbe chiedere le dimissioni di Brunetta, evidenziando che l’irritazione di Meloni non è sufficiente a placare le critiche.

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