Dopo i recenti raid della polizia a Rio de Janeiro, il presidente Donald Trump ha minacciato di attaccare il Venezuela, sollevando interrogativi sulla strategia di lotta al narcotraffico internazionale. Gli Stati Uniti hanno già condotto attacchi in acque internazionali, il primo dei quali il 2 settembre contro un’imbarcazione venezuelana, seguito da un secondo attacco il 15 settembre. Fonti americane indicano che potrebbero essere imminenti attacchi diretti al territorio venezuelano, con nove navi da guerra statunitensi già schierate nell’area.

Tuttavia, esperti avvertono che tali operazioni non rappresentano una strategia efficace contro il narcotraffico. La rotta venezuelana è meno utilizzata rispetto a quelle messicane e colombiane, e gli attacchi non colpiscono i veri responsabili del traffico di droga. Il presidente venezuelano Nicolás Maduro ha chiesto supporto a Cina, Russia e Iran, ma la situazione geopolitica attuale sembra portare a una certa cautela da parte di queste potenze.

La storia offre precedenti significativi, come l’invasione di Panama nel 1989, giustificata con la lotta al narcotraffico, che si rivelò un insuccesso. Attualmente, Trump attribuisce al Venezuela la responsabilità di molte morti per overdose negli Stati Uniti, ma i dati ufficiali indicano che la maggior parte delle morti è causata da oppioidi sintetici, principalmente controllati dai cartelli messicani e colombiani.

La lotta al narcotraffico richiede un approccio più collaborativo e integrato, coinvolgendo le comunità locali e costruendo istituzioni forti. È fondamentale sviluppare politiche sociali ed economiche che offrano alternative valide alle popolazioni vulnerabili, piuttosto che ricorrere a misure militari inefficaci.

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