Dopo sei anni di assenza, l’NBA è tornata in Cina con le partite di precampionato tra i Brooklyn Nets e i Phoenix Suns, disputate a Macao. Questo evento segna una ripresa ufficiale dei rapporti tra la lega americana e il colosso asiatico, dopo le tensioni scatenate nel 2019 da un tweet di Daryl Morey, allora general manager degli Houston Rockets, a sostegno dei manifestanti di Hong Kong.

Il ritorno del basket statunitense avviene in un contesto di tensioni commerciali e tecnologiche tra Washington e Pechino, ma rappresenta anche un gesto di normalizzazione. La NBA ha mantenuto una presenza nel mercato cinese, grazie alla mediazione di Joseph Tsai, presidente di Alibaba e proprietario dei Brooklyn Nets, e della famiglia Adelson, legata a Donald Trump.

La ripresa delle partite sostiene il consumo interno in Cina e migliora l’immagine del Paese. Con un numero di appassionati compreso tra 300 e 450 milioni, il basket supera il calcio, attualmente in crisi. Nel 2024, il 52% dei cinesi aveva seguito una partita NBA, rispetto al 23% negli Stati Uniti e al 10% in Europa.

La storia della NBA in Cina risale al 1979, quando i Washington Bullets giocarono contro squadre locali. David Stern, ex patron della lega, cedette nel 1985 i diritti di trasmissione alla CCTV, contribuendo a far crescere l’interesse per il basket. Oggi, il Nba Store di Wangfujing a Pechino è il più grande al mondo al di fuori degli Stati Uniti.

Tuttavia, esperti avvertono che, nonostante il disgelo, un passo falso da parte di un giocatore o di un allenatore potrebbe riaccendere le tensioni tra i due Paesi.

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